Il pezzo di carta non basta più, quante volte lo si sente dire in giro? Eppure non è così. Oggi conseguire una laurea è ancora importante perché consente l’accesso a professioni meglio remunerate. È vero che la crisi economica non stimola l’offerta di lavoro, ma ottenere un titolo di studio elevato aiuta a farsi una carriera.

I master universitari di primo e secondo livello nascono con l’esigenza di acquisire conoscenze superiori in una determinata materia o ambito. A differenza dei dottorandi essi guardano al mondo del lavoro e non alla ricerca accademica. Per questo motivo spesso sono patrocinati da aziende in collaborazione con gli atenei al fine di filtrare, fin dall’inizio, il potenziale lavoratore interessato a una posizione contraddistinta da un’alta specializzazione. I master rappresentano un’opportunità in più e benché siano costosi, quasi sempre danno accesso a professioni remunerative con un futuro superiore alla media dei lavori post-laurea.

Ma come scegliere il master universitario in modo corretto?

Il mercato dei master è in continua evoluzione, ma non tutti quelli che lo offrono hanno la medesima reputazione. La prima cosa da fare è dunque una scrematura delle offerte: bisogna vagliare con attenzione gli istituti che offrono questa opportunità, eliminando le offerte appena nate, che non abbiano una storia alle spalle o che non siano legate a istituti prestigiosi e dal sicuro pedigree accademico.

Prima di frequentarne uno cerchiamo di ottenere o conoscere la percentuale di coloro che, dopo averlo frequentato, hanno trovato lavoro. In Italia i numeri dicono che la domanda di corsi post-universitari è in calo, ma che ci sono molte organizzazioni che organizzano corsi, con una visione imprenditoriale del modello. Tra questi solo poche decine risultano certificate Asfor (Associazione per la formazione manageriale) a dimostrazione del fatto che il mercato e vario e conviene studiarlo in modo approfondito.

In secondo luogo è bene scegliere un ambito collegato alla propria laurea, verso il quale mostriamo un sincero interesse. La motivazione economica potrebbe spingerci a scegliere un campo di studio in voga, ma se non c’è la passione a studiare, ci sarà meno nel lavoro. È inutile scegliere una professione che non soddisfa intellettualmente e spiritualmente, soprattutto quando abbiamo ancora la possibilità di una scelta. In ogni caso è bene scegliere un corso post-universitario che abbia un legame economico col posto in cui decidiamo di vivere. Le aziende e le università che offrono dei master in genere lo fanno con l’intento di acquisire delle specialità in relazione all’offerta di lavoro.

Lo stage è fondamentale

Le aziende poi offrono tirocini e stage. Quest’ultimo è fondamentale per saggiare il terreno. Un master che non preveda uno stage in azienda andrebbe scartato senza pensarci due volte. Più tecnico e specifico è il corso, maggiore dev’essere il coinvolgimento in azienda, occupando fino a metà delle attività svolte durante gli studi.

Diffidare dai master troppo facili

Spesso c’è la tendenza a fare del titolo un punto di arrivo, come se conquistare il master equivalesse alla definitiva consacrazione professionale. Invece è solo l’inizio. Bisogna diffidare dalle “fabbriche di titoli di studio”, cioè da quegli istituti ed enti, a volte anche ufficialmente riconosciuti dal ministero, che stampano master a profusione, che non fanno alcuna reale selezione degli studenti, che si accontentano di raccogliere i soldi delle rette. Il master dev’essere difficile, deve avere un corso completo con esami duri da sostenere, frequenza nelle lezioni, stage complicati dove si impara veramente e la preparazione tecnica e accademica dei frequentanti viene messa a dura prova.

Per concludere alcune cifre interessanti: in Italia, nonostante le riforme degli ultimi 20 anni, la percentuale di laureati è inferiore alla media europea e siamo ancora lontani dagli obiettivi di Lisbona, fissati per il 2020. Il mercato del lavoro dice che laurearsi conviene, si trova più lavoro che col solo diploma. Il master ha una sua sostenibilità soprattutto in settori estremamente tecnici e ad alto tasso di managerialità. La laurea è stata svalutata dall’introduzione dei corsi triennali, che sono diventati una sorta di diploma lungo, e che non hanno apportato quella riforma che si chiedeva: l’ingresso anticipato nel mondo del lavoro.

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